Chi c’è dietro una tastiera e all’ombra di un’app? Non sempre il principe azzurro

Il fenomeno misterioso di TikTok.

Il web non è cattivo, questo ormai lo sappiamo. Ciò che può essere pericoloso (come ogni cosa al mondo) è l’uso che ne facciamo, e ancor di più l’uso che possono farne dei malintenzionati, a nostra insaputa.

Ma facciamo un passo indietro: l’ultima novità in fatto di app dal successo planetario è TikTok, di proprietà di una società cinese. È diventata un must tra i teenager di tutto il mondo, ormai, e permette di pubblicare dei video di lunghezza variabile, senza una logica apparente ma solo perché è facilissimo farlo, vista la geniale intuitività del funzionamento. A lanciare l’allarme è stato un senatore democratico statunitense, Chick Schumer: secondo lui TikTok è un problema di sicurezza nazionale e ha chiesto con successo l’apertura di un’inchiesta sul suo funzionamento, visto l’alone di segretezza che c’è attorno. Come si chiedono a repubblica.it, possibile che “un’app cinese di video demenziali può costituire un rischio per le nostre democrazie?”
Sembrerebbe un’esagerazione, o magari una diffidenza tutta americana nei confronti di qualunque cosa provenga dalla Cina, vista la recente politica dei dazi da parte di Trump. Ma a pensarci bene, un problema di fondo esiste: è giusto affidare il tempo libero nostro e dei nostri figli a un club privato di cui non si conosce nulla, dove si applicano sistemi di valori a noi lontani, con relativa censura di argomenti non graditi? Il dubbio resta, le perplessità pure. Per questo bisogna insistere sulla trasparenza assoluta e sulla veridicità dei fatti, comprovati solo da documenti. Solo conoscendo l’altro, possiamo decidere se fidarci di lui, e viceversa. E troppo spesso, invece, dietro una tastiera anonima e dentro il logaritmo di un’app possono annidarsi pratiche non ortodosse, se non esplicitamente fuorilegge.