Se le carte non cantano, sono false.

Il commento all’inchiesta de la Repubblica sulle finte fideiussioni (2 marzo 2025).

“Carta canta, villan dorme” dice un vecchio e saggio adagio. Ma dopo lo scandalo, anzi la grande truffa nei confronti dello Stato che è stata scoperta di recente, a dormire pare proprio siano state le Istituzioni e chi doveva controllare. Stiamo parlando ovviamente della truffa delle finte fideiussioni negli appalti pubblici: si è scoperto che molti degli appalti avviati con i fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) siano stati garantiti da finte fideiussioni. Avete letto bene: finte fideiussioni! In pratica, in un mercato che dovrebbe assicurare gli enti pubblici, locali e centrali, le polizze fideiussorie rischiano di essere semplice carta straccia, mentre i premi versati dalle impese che hanno vinto gli appalti sono veri. Di conseguenza, alla fine sono due i soggetti truffati: Stato e imprenditori. Si tratta di un mercato del valore di circa 1,5 miliardi di euro solo di premi, quindi non proprio noccioline. I dati sono impietosi: secondo la Guardia di Finanza, tra il 2017 e il 2024 le truffe in questo campo hanno superato i 3 miliardi di euro. Il problema è che il settore delle garanzie sugli appalti pubblici è più simile a un film del Far West. Perché non esistono controlli e la costruzione di un database unico delle polizze regolari emesse da banche e società di assicurazioni è ancora una chimera. Nel frattempo, le “verifiche” su polizze milionarie che garantiscono appalti miliardari vengono fatte scrivendo all’indirizzo pec che si trova sul sito di chi ha emesso la fideiussione: ma spesso i siti (e le relative pec) sono finti, taroccati. Insomma, nell’epoca dell’intelligenza artificiale un mercato miliardario è controllato con mezzi vecchi, obsoleti, roba del secolo scorso.

Ecco, ora immaginate l’insormontabile problema che avrebbe qualunque broker truffaldino che volesse emettere una falsa fideiussione se dovesse scontrarsi con le rigide e inaggirabili regole alla base del Rating Reputazionale che rappresenta la base del sistema Italia Virtute: per accreditarsi dovrebbe prima fornire dati certi e documenti inoppugnabili a garanzia del delicato ruolo svolto. Non di certo un sito farlocco e un indirizzo pec più falso di una banconota da 3 euro … Ma non basta. Il Rating Reputazionale dell’impresa che si accredita verso l’ente pubblico che eroga i fondi è determinato anche sul “valore” della polizza fideiussoria prodotta che è scrupolosamente verificata nella sua autenticità dal Reputation audit manager (Ram) associato ad Apart – Associazione professionale auditor reputazione tracciabile vigilata dal Ministero delle imprese e del made in Italy ai sensi della legge 4/2013. 

by Monia Straccia